Nikola Tesla: “Siamo connessi da linee invisibili”





La maggior parte degli esseri umani non è mai consapevole di cosa stia succedendo intorno e dentro di sé,
e sono in milioni a cadere vittime di malattie e a morire prematuramente solo per questo. Le più comuni circostanze quotidiane appaiono misteriose e inspiegabili alle persone. Potrebbe capitare loro di sentire un’improvvisa ondata di tristezza e setacciare il cervello in cerca di una spiegazione quando invece
sarebbe plausibile rintracciare la causa in una nuvola che blocca i raggi del sole.

Nikola Tesla: “Siamo connessi da linee invisibili” 

Potrebbero figurarsi un caro amico in circostanze che considerano incredibilmente particolareggiate, quando solo poco prima lo hanno incrociato per strada o ne hanno visto una fotografia da qualche parte. Se perdono un bottone del colletto si lagnano e imprecano per un’ora, senza essere capaci di ripercorrere le azioni a ritroso e localizzare l’oggetto all’istante. La carenza di osservazione non è altro che una forma di ignoranza ed è responsabile del prevalere di diverse tendenze patologiche e idee insensate.

Non ci sarà più di una persona su dieci che non crede alla telepatia e alle altre manifestazioni psichiche, come lo spiritismo e la comunicazione con l’aldilà, e che rifiuterebbe di dare ascolto, volente o nolente, agli imbroglioni. Solo per mostrare quanto sia diventata profondamente radicata questa tendenza perfino tra gli americani lucidi di mente, potrei citare un simpatico episodio. Poco prima della guerra, quando la presentazione delle mie turbine in questa città provocò un proliferare di commenti sui giornali di tecnologia, mi aspettavo che tra gli industriali ci sarebbe stata una contesa per aggiudicarsi l’invenzione, e io avevo puntato, in particolare, su quel tipo di Detroit che
aveva una straordinaria capacità nell’accumulare milioni. Ero così convinto che un giorno si sarebbe fatto vivo che al mio collaboratore e agli altri assistenti lo diedi per certo. Come previsto, una bella mattina si presentò un gruppo di ingegneri della Ford Motor Company con la richiesta di discutere con me su un importante progetto. «Che vi avevo detto?» osservai trionfante con i miei dipendenti, e uno di
loro mi disse: «Lei è incredibile, signor Tesla; avviene esattamente tutto ciò che predice». Non appena questi risoluti signori si sedettero, naturalmente iniziai subito a decantare i magnifici aspetti della mia turbina, finché il portavoce mi interruppe e disse: «Sì, sappiamo tutto, ma siamo qui per uno scopo ben preciso. Abbiamo creato una società di psicologia per indagare sui fenomeni psichici e vogliamo che lei si unisca a noi in questo progetto». Penso che quegli ingegneri non abbiano mai saputo quanto sono andati vicino all’essere cacciati via dal mio ufficio.

Da quando alcuni tra i migliori uomini dell’epoca, luminari della scienza dai nomi immortali, mi dissero che sono dotato di una mente fuori dal comune, ho completamente rivolto le mie facoltà mentali alla risoluzione di problemi fondamentali, incurante del sacrificio. Per diversi anni ho cercato di trovare risposta al mistero della morte, e ho atteso ansiosamente qualsiasi tipo di indicazione spirituale. Ma in tutta la mia vita solo una volta ho vissuto un’esperienza che per un momento mi ha turbato come se fosse qualcosa di soprannaturale.
Accadde alla morte mia madre. Ero stremato dal dolore e dalla lunga veglia, e una notte dovetti recarmi in un edificio a circa due isolati da casa. Mentre ero lì inerme, pensai che se mia madre fosse morta quando non le ero affianco, mi avrebbe sicuramente mandato un segno. Due o tre mesi prima mi trovavo a Londra in compagnia di un mio compianto amico, Sir William Crookes, quando si cominciò a discutere di spiritismo, e io fui totalmente coinvolto da quelle riflessioni. Potrei non aver prestato attenzione agli altri, ma fui sensibile alle argomentazioni del mio amico visto che fu il suo lavoro epocale sulla materia radiante, che avevo letto da studente, che mi fece intraprendere una carriera imperniata sui fenomeni dell’elettricità.

La notte in cui dovetti allontanarmi da mia madre, pensai che le condizioni per uno sguardo verso l’ignoto erano davvero molto favorevoli, poiché mia madre era una donna geniale e particolarmente intuiva. Per tutta la notte ogni fibra del mio cervello era in tensione per l’attesa, ma non successe nulla fino alla mattina presto, quando mi addormentai, o forse svenni, e vidi una nuvola che sosteneva delle figure angeliche di straordinaria bellezza: una di queste mi guardò amorevolmente e a poco a poco assunse le sembianze di mia madre. L’apparizione fluttuò lentamente nella stanza e poi svanì, e io fui risvegliato da una melodia a più voci di una dolcezza indescrivibile. In quel preciso istante mi assalì una certezza che non è possibile esprimere a parole e che mi rivelava che mia madre era appena morta. Ed era vero. Non fui in grado di cogliere il terribile peso della dolorosa consapevolezza cui giunsi in anticipo, così scrissi una lettera a Sir William Crookes mentre mi trovavo ancora sotto l’effetto di quelle sensazioni e in deboli condizioni fisiche.


Quando mi ripresi cercai a lungo la causa esterna di questa strana rivelazione e, con mio grande sollievo, dopo diversi mesi di vani sforzi vi riuscii. Avevo visto il quadro di un famoso pittore che doveva avermi decisamente colpito e che rappresentava allegoricamente una delle quattro stagioni ritraendo una nuvola con un gruppo di angeli che in effetti parevano fluttuare nell’aria. Era proprio ciò che mi apparve in sogno, a parte la somiglianza con mia madre. La musica proveniva invece dal coro della chiesa vicina durante la messa della mattina di Pasqua, il che spiegava tutto in modo soddisfacente e in conformità con i dettami scientifici.

Non sono riuscito a ottenere alcuna evidenza a supporto della disputa tra psicologi e spiritisti, ma ho dimostrato, con mia grande soddisfazione, l’automatismo della vita, sulla base non soltanto di ripetute osservazioni sulle azioni dell’uomo, ma anche, in modo più definitivo, di fondate generalizzazioni. Queste ultime fanno capo a un’invenzione che considero il livello più alto della società umana e sulla
quale mi soffermerò brevemente. Ho avuto il primo sentore di questa verità sorprendente quando ero ancora molto giovane, ma per diversi anni ho interpretato quello che notavo solo come una coincidenza. In pratica, ogni volta che o io o una persona a cui ero legato, o una causa a cui mi dedicavo, venivamo attaccati in una qualche maniera che potrebbe generalmente essere meglio identificata come la più ingiusta immaginabile, sentivo un dolore singolare e indefinibile che, in mancanza di un termine migliore, ho qualificato come «cosmico»; di lì a poco, immancabilmente, coloro che ne erano stati la causa, finivano male. Dopo una serie di casi del genere mi confidai con un gruppo di amici che ebbero l’opportunità di convincersi della veridicità della teoria che gradualmente concepii e che potrei enunciare in questo modo:

I nostri corpi hanno tutti una struttura simile e sono soggetti agli stessi influssi esterni. È ciò che emerge dalla somiglianza
delle loro reazioni e dalla concordanza delle attività generali su cui si basano tutte le nostre leggi, regole sociali o di altro genere. Siamo automi totalmente controllati dalle forze dell’etere, sballottati come tappi di sughero sulla superficie dell’acqua, e confondiamo il libero arbitrio con la risultante degli impulsi esterni. I movimenti e le altre azioni che compiamo sono sempre in funzione della conservazione della vita e, per quanto sembriamo abbastanza indipendenti gli uni dagli altri, siamo connessi da linee invisibili.


Finché l’organismo è in perfetto stato risponde correttamente alle sollecitazioni, ma dal momento che in un individuo qualsiasi sopraggiunge qualche complicanza, la sua forza auto-conservativa è compromessa. Ognuno comprende, naturalmente, che se si diventa sordi, si indebolisce la vista, o se ci si pregiudica gli arti, le speranze di vita si riducono. Ma questo vale anche, e forse ancora di più, per certi difetti cerebrali che privano in qualche modo l’automa di quella qualità vitale e che quindi lo trascinano alla distruzione. Un individuo molto sensibile e attento, con il suo meccanismo altamente sviluppato in perfetto stato e che quindi agisce in modo corretto quando risponde alle mutevoli condizioni ambientali, è dotato di un senso meccanico superiore, che lo rende capace di evitare pericoli troppo impercettibili per essere individuati facilmente. Quando entra in contatto con altri esseri i cui organi di controllo sono decisamente compromessi, quel senso si attiva e l’individuo avverte il dolore «cosmico». Tale verità è stata confermata in centinaia di esempi e invito altri studiosi della natura a rivolgere l’attenzione all’argomento, essendo convinto che con un impegno combinato e sistematico verranno raggiunti risultati di incalcolabile valore per il mondo. 

Nikola Tesla, tratto dal libro “Le mie invenzioni. L’autobiografia di un genio



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