Simboli e archetipi: cosa sono e che valore hanno in psicologia?



Da Freud a Barbault, passando per Jung. Dalla psicoanalisi all'astrologia. Cosa può dirci il mondo dei simboli e degli archetipi in relazione alla conoscenza della natura umana?

Emanuele Cangini - 29/04/2019 

Trattando la materia del simbolismo astrologico, è opportuno illustrare, sia pure succintamente, il significato dell’archetipo e del simbolo nell’ambito della psicologia umana al fine di comprendere come essi si dinamizzino e funzionino nella formulazione della realtà psichica.

L’anima, presente nell’uomo ubiquitariamente, crea incessantemente simboli al fine di poter esprimere contenuti interiori che, diversamente, difficilmente troverebbero la possibilità di emergere, rimanendo al contrario confinati al silenzio e all’oscurità tanto risultano, talvolta, complessi e misteriosi.



A buona ragione è dato intendere che la vita, nella sua accezione più intima e profonda, non potrebbe essere espressa e vissuta nella sua profondità più intima se, simboli e archetipi non venissero in nostro soccorso ...






Il simbolo: un ponte tra microcosmo e macrocosmo

Il simbolo, dunque, lo potremmo quasi definire come «l’immagine che ci facciamo di un contenuto interiore che trascende la coscienza». Nella fattispecie astrologica il simbolo, contenuto nella ruota zodiacale e nelle entità planetarie, diviene punto d’incontro, fusione intima tra mondo psichico e spirituale dell’uomo (microcosmo) e universo degli astri posti in cielo (macrocosmo).



Ciò che l’uomo vive, sente e avverte in sé, lo raffigura nell’immagine di un simbolo astrale e lo proietta, ribaltandolo, nelle geometrie delle costellazioni e nelle valenze “ontologiche” dei pianeti, attribuendo loro leggi, regole e funzioni. A titolo di esempio, il fulmine nelle epoche remote: al tempo era percepito come equivalente di volontà o dell’ira divina; in questo caso la forza, la legge superiore implicita nella coscienza umana, veniva letteralmente proiettata, utilizzando la categoria psicologica, nel cielo, all’esterno del coscienziale, e nuovamente riaccolta come espressione del volere divino.



La dualità simbolica interagente tra macro e microcosmo è, in definitiva, sempre una operazione umana, quindi totalmente attinente e appartenente alla realtà dello psichismo umano: è l’uomo, solo lui, che crea i simboli… solo lui che li fa rivivere e attribuisce loro valore, storia, significato sul piano soggettivo dell’immaginale. Un rametto di ulivo, per quanto delicato, esile e minuto, non recherà mai in sé alcun potere di donare pace e concordia: tuttavia, se posto nella mano di un uomo, può immediatamente evocare sentimenti di fratellanza e sacralità.

Il simbolo agisce, e lo possiamo constatare ora con vivida facilità, oltre la storia, decontestualizzandosi da essa nell’assolutismo dei suoi significati meta-semantici. Ciò detto vale anche per gli astri e per tutto il contesto della dialettica astrologica, poiché non sono essi [gli astri] che vantano potere diretto e immediato ma, detto potere, è innescato e sprigionato dalle “attribuzioni simboliche” che l’uomo conferisce alle entità “interlocutrici” [astri e costellazioni].


Simbolismo nella Psicologia

Per Freud il simbolo esprime una sorta di relazione collegante il contenuto manifesto di un comportamento al suo senso latente e meno percepibile: la Psicoanalisi, in effetti, fonda gran parte della sua liturgia dottrinale proprio su questo specifico aspetto concettuale.

Lo studio condotto da Jung sui simboli è assai più vasto e profondo rispetto alla matrice psicoanalitica freudiana, restituendo al simbolo una gamma di funzioni molto più suggestiva. Per Jung il simbolo è un fenomeno a carattere numinoso, energetico, radiante capace di influenzare “gravitazionalmente” la psiche conscia. Detto in termini fisici, una sorta di buco nero a gravità infinita che influenza la materia visibile, condizionandone il comportamento con la continua immissione di materia informata, una sorta di eruttazione in senso inverso.



André Barbault, celebre astrologo francese studioso di psicologia e psicoanalisi, dice in tal senso: «Il simbolo rivela certi aspetti della realtà ‒ i più profondi ‒ che sfidano qualunque altro mezzo di conoscenza. Immagini e simboli non sono creazioni irresponsabili della psiche: essi rispondono a una necessità e svolgono una funzione; quella di mettere a nudo le più segrete modalità dell’essere. Possiamo mascherarli, mutilarli o degradarli, ma non sarà mai possibile estirparli; nel subconscio dell’uomo moderno sopravvive una mitologia sempre crescente che non scompare mai dall’attualità psichica. Simboli e miti possono cambiare aspetto ma la loro funzione resta e resterà sempre la stessa: si tratta soltanto di togliere le nuove maschere. Ora, se nella psicologia moderna il simbolismo è divenuto improvvisamente un problema essenziale della conoscenza dello psichismo umano, questo simbolismo è da sempre alla base dell’Astrologia» (tratto da Dalla psicoanalisi all’Astrologia, 1972, p. 96).

Proseguendo su quanto sottilmente ed efficacemente detto dal Barbault, possiamo affermare che la lettura, conseguente alla stesura, del grafico oroscopico agisce in profondità soltanto attraverso il tempo e solamente a valle di ripetute interpretazioni ed elaborazioni dei suoi simboli, in modo da suscitare un profondo vissuto emozionale inconscio e agganciare le formazioni archetipiche.

In ogni oroscopo esistono possibilità nascoste, talenti in potenza, pronti per essere attivati ed esercitati: allo stesso modo nel quale l’uomo, specchiandosi, vede il proprio volto sulla lastra di vetro, l’oroscopo permette al soggetto di leggersi e autodefinirsi nell’atto di riflessione prodotto dalla contemplazione della lettura dei suoi simbolismi.

Mantenendo fede al celebre ammonimento apollineo “uomo conosci te stesso” e accettandone come veri gli assunti finalistici, possiamo ora affermare senza tema di smentita che l’oroscopo si aggiunge con valore e pertinenza a tutta la gamma di approcci volti alla conoscenza dell’uomo.

La metafora dello speculum-oroscopo trova fondamento e credibilità: a noi il buon senso e la saggezza di non cadere, narcisisticamente, nello specchio d’acqua.



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